Sulle tracce di Dante negli anni dell’esilio

Abbazia di San Godenzo

San Godenzo

Dante Alighieri non fece mai rientro dall’esilio, anche se gli fu proposto ripetutamente da Firenze di tornare, ma non accettò perché avrebbe dovuto ammettere la presunta colpa di baratteria, condizione troppo umiliante per il poeta che rimase fuori per sempre dalla sua città natale. Da questa sofferenza nacque però uno dei capolavori assoluti nella storia della poesia e letteratura mondiale di tutti i tempi, la Commedia, che i posteri hanno giudicato ‘divina’. Moltissime sono le istituzioni fiorentine e nazionali che proporranno svariate occasioni di celebrazioni dantesche nell’anniversario dei 700 anni della sua morte nel 2021. La Città Metropolitana di Firenze ad esempio è capofila del progetto interregionale già avviato “Le Vie di Dante”, che lega insieme Toscana e Romagna in una serie di itinerari storico-naturalistici dedicati.
A Ravenna Dante passò gli ultimi anni della sua vita e vì morì tra il 13 e il 14 settembre del 1321, stroncato dalla malaria che aveva contratto attraversando le Valli di Comacchio, al ritorno da una missione diplomatica a Venezia per conto di Guido da Polenta. La tomba si trova in un tempietto neoclassico, detto La Zuccheriera, che raccoglie dall’800 i suoi resti. Molte le iniziative che la città ha già da tempo cominciato ad organizzare per le celebrazioni dantesche, tra cui la Lettura Perpetua di un Canto della Divina Commedia ogni giorno presso la tomba del poeta.
I monaci dell’Abbazia di San Benedetto in Alpe, situata nel Comune di Portico e San Benedetto in provincia di Forlì-Cesena, accolsero Dante fra l’estate del 1302 e la primavera del 1303, come sostengono vari critici e qui il poeta avrebbe iniziato a scrivere la Commedia. La Cascata dell’Acquacheta a San Benedetto viene paragonata al fiume infernale Flegetonte che si getta silenziosamente sulle Malebolge. In questo comune sono previsti molteplici eventi celebrativi, tra gli altri la Giornata Dantesca all’Acquacheta il 12 giugno 2021 il cui programma prevede, tra le varie iniziative, una passeggiata partendo da San Benedetto in Alpe o dalla Fiera dei Poggi per raggiungere la famosa cascata citata da Dante.
Nel Mugello, a San Godenzo, l’Abbazia di San Gaudenzio ospitò il giorno 8 giugno 1302 il celebre convegno fra esuli fiorentini Ghibellini e Guelfi Bianchi, rappresentati fra gli altri anche da Dante, che puntava a un’intesa con la famiglia Ubaldini per ottenere l’accesso a Firenze, all’epoca dominio dei Guelfi Neri. Il consesso però non giunse al risultato sperato: in breve tempo si scatenò un nuovo conflitto fra Guelfi Bianchi e Neri, che segnò la vittoria dei secondi. Ogni anno d’estate a San Godenzo si svolge la rievocazione storica del convegno nell’evento noto come “Dante Ghibellino”. Sono previsti di solito letture dantesche, pranzi e cene medioevali, cortei storici, la consegna del premio “Dante Ghibellino” ed animatissimi spettacoli medievali.
A Vicchio si trova il Castello di Vespignano, casa natale del contemporaneo Giotto, di cui Dante tessè le lodi nel Purgatorio e a sua volta ne venne ritratto.
Nel Comune di Scarperia e San Piero la località di Montaccianico, attualmente oggetto di un progetto archeologico, fu un possente baluardo ubaldino nella lotta contro i Neri fiorentini e i loro alleati, smantellato nel 1306 da Firenze dopo un lungo assedio. Al ramo di Montaccianico appartennero inoltre i personaggi più celebri della casata degli Ubaldini menzionati nella Commedia, ad esempio Ruggeri arcivescovo di Pisa che condannò a morte il conte Ugolino e il cardinale Ottaviano, che viene posto fra gli epicurei. Maccianico era una dimora sicura e probabilmente Dante ne fu ospite nel 1302 quando preparava la missione a Forlì presso la corte di Scarpetta degli Ordelaffi, capo dei Ghibellini di Romagna.
Nel 1303 Scarpetta degli Ordelaffi lo assunse come segretario ed organizzò la spedizione presso il Castello di Pulicciano vicino Borgo San Lorenzo. Nell’opposizione tra Scarpetta e Fulcieri da Calboli, podestà di Firenze e capo dei Guelfi Neri, quest’ultimo riuscì a respingere gli assedianti. Al posto del castello oggi si trova la Chiesa di Santa Maria.

A Palazzuolo sul Senio, Susinana, nell’Abbazia vallombrosana di Santa Maria di Rio Cesare nel 1302 fu sepolto Maghinardo Pagani che aveva combattuto con Dante a Campaldino e che viene messo all’inferno tra i falsi consiglieri perché aveva parteggiato sia per la parte guelfa per Firenze nella battaglia di Campaldino, sia successivamente per i Ghibellini di Romagna.
Nell’Area Fiorentina a Bagno a Ripoli si ricorda la partenza di Dante in persona da Piazza di Badia a Ripoli alle volte del Casentino per la famosa Battaglia di Campaldino del 1289, dove anche lui combattè. Tra l’altro il fiume Ema, che viene citato da Cacciaguida, scorre per gran parte del territorio nel Comune di Bagno a Ripoli.
Il territorio di Firenze fu teatro della Battaglia della Lastra il 20 luglio 1304 sulla via Bolognese a circa tre chilometri dalle mura. I Bianchi decisero di intraprendere un nuovo attacco militare (fallimentare) contro i Neri. Gli sbanditi Bianchi e Ghibellini di Firenze, collegati a Bolognesi, Romagnoli, Aretini, Pisani e Pistoiesi, tentarono inutilmente di rientrare con la forza in città. Dante non era presente ed era contrario a quest’attacco, a questo punto si era già staccato dagli altri fuorusciti.
Anche il Casentino è ricco di luoghi danteschi. Nel Castello di Poppi Alighieri sarebbe stato ospite per breve tempo del conte Guido da Battifolle, signore di Poppi. Si dice che in riconoscenza dell’ospitalità ricevuta e per la pietà provata per la morte del padre della contessa concepisse e scrivesse il celebre canto XXXIII dell’Inferno (il Conte Ugolino). Nel Castello di Poppi gli Uffizi stanno organizzando una mostra per le celebrazioni del 2021. A Poppi si trova anche il Museo della Battaglia di Campaldino tra Guelfi, prevalentemente fiorentini, e Ghibellini, prevalentemente aretini.
Nel Castello di Romena di Pratovecchio, proprietà della potente famiglia dei conti Guidi, dal 1302 il poeta fu ospite e qui vi abitava il famoso falsificatore Maestro Adamo da Brescia, del quale parla Dante nell’Inferno. Nel 1281 furono scoperti a Firenze i fiorini falsi che Maestro Adamo fabbricava per i signori di quel castello. Sapendo di essere stato scoperto e identificato, il falsario fuggi verso il Casentino in direzione di Romena, ma fu ripreso in vicinanza del suo rifugio, fu fatto confessare e arso vivo. E dunque Omomorto pare sia il luogo dove Maestro Adamo fu arso sul rogo, alcuni storici indicano che questo fu acceso quattro chilometri dopo il Passo della Consuma e da allora quella località ha preso il nome di “Ommorto”. Si dice che il punto esatto del rogo si poteva localizzare passando dalla strada vecchia della Consuma in una montagnola di sassi chiamata “la macia dell’Ommorto”, la quale è stata formata dai viandanti che per superstizione vi hanno via via gettato dei sassi.
Nel Castello di Porciano di Stia Alighieri fu ospite ancora di un conte Guidi intorno al 1310, da questo luogo partirono le due famose lettere infuocate, una indirizzata ai fiorentini e l’altra all’imperatore Arrigo VII. 

A quest’epoca si riferisce l’aneddoto che molti del posto conoscono. Si narra che la Repubblica Fiorentina, irritata per l’urticante lettera ricevuta, mandò a Porciano un messo per chiedere con severe minacce ai signori di quel castello la consegna dell’Alighieri, ma costoro, precedentemente avvisati, prima che il messo giungesse consigliarono a Dante di partire. Mentre egli per la strada che conduce al castello stava scendendo verso il paese, si imbattè nell’ambasciatore fiorentino che non conoscendolo gli chiese se sapeva se Dante Alighieri si fosse trovato ancora a Porciano, al chè il poeta si dice che abbia risposto: “Quand’io v’ero è v’era “.